Le vaccinazioni per conigli: cosa c’è di nuovo

Da alcuni mesi è entrata nell’uso comune una novità davvero interessante nel campo delle vaccinazioni per conigli: un vaccino trivalente per la prevenzione delle malattie infettive del coniglio.
Questo vaccino protegge contro tutte e tre le malattie virali del coniglio: la mixomatosi e i due ceppi di malattia emorragica virale (MEV1 e MEV2).

L’occasione di presentarvi questa novità ci sembra la più adatta per parlare delle vaccinazioni per conigli, cercare di fare chiarezza sulla loro necessità, sulle malattie trattate dal vaccino, su modalità e tempi di vaccinazione.

Patologie per cui si vaccina il coniglio

La Mixomatosi

La mixomatosi è una patologia virale molto contagiosa, con elevata mortalità. I sintomi comprendono:

  • abbattimento
  • congiuntivite
  • rigonfiamenti cutanei sulla testa e gli arti
  • infiammazione degli organi genitali

I sintomi portano al decesso entro 10 giorni. Si trasmette con il contatto diretto con conigli infetti e attraverso la puntura di insetti ematofagi (pulci e zanzare).

MEV 1 e 2

La MEV 1 (Malattia Emorragica Virale – ceppo 1) è una malattia infettiva acuta che provoca gravi lesioni polmonari ed epatiche. La causa è un virus specifico del coniglio, che non colpisce nessun’altra specie animale.
La malattia si trasmette per contatto diretto con un coniglio ammalato e tramite insetti vettori: pulci, mosche, zanzare. Colpisce solo i conigli al di sopra di 30-50 giorni di vita e la sua mortalità è altissima (80-100%). Un sintomo tipico è rappresentato dalla morte improvvisa del coniglio causata da emorragie in tutti gli organi, in particolare nei polmoni.

La MEV2 (Malattia Emorragica Virale – ceppo 2) è una variante sierologica della MEV1, è arrivata in Francia nel 2010 e successivamente in Italia. Questa nuova variante differisce dalla MEV1 in alcuni aspetti:

  • Colpisce i conigli di tutte le età
  • Non è specie specifica: infatti può infettare anche la lepre
  • non risponde al vaccino classico per la MEV

sintomi sono molto simili a quelli della MEV 1, anche se la mortalità è leggermente minore.

Noi consigliamo caldamente le vaccinazioni per i conigli perché:

Al momento per nessuna di queste patologie virali esiste una cura. Inoltre si tratta di patologie a denuncia obbligatoria: significa che il regolamento di polizia veterinaria impone per i conigli infetti l’abbattimento e la loro distruzione, per impedire la diffusione del virus.

Sono patologie rischiose anche per i conigli pet, quelli che vivono nelle nostre case come animali d’affezione. Se infatti per loro è più rara la possibilità di una trasmissione da contatto diretto con soggetto infetto, corrono comunque il rischio di essere infettati attraverso la puntura di insetti ematofagi, come le zanzare.
Per questo non si può parlare di rischio di infezione pari a zero neanche per i soggetti che vivono esclusivamente al chiuso in appartamento.

Quindi, anche in presenza di un rischio di contagio non elevato, proprio perché la prognosi è spesso infausta e l’alta diffusibilità ne comporta denuncia e abbattimento il vaccino è un ottimo salvavita per i conigli pet, oltre che mostrarsi come buon metodo di prevenzione di epidemie negli allevamenti.

Il nuovo vaccino è sicuro ed efficace

Il nuovo vaccino va a sostituire i diversi protocolli (annuali o semestrali) utilizzati negli ultimi anni per la protezione contro Mixomatosi, MEV1 e MEV2. È un vaccino efficace e molto ben tollerato, con effetti collaterali rari su animali sani.
Si può utilizzare per ottenere una buona immunità a partire dalle 5 settimane d’età. Sarà comunque il veterinario, al momento della visita, a valutare se effettuarlo in base allo stato di salute e alle dimensioni del soggetto.

È un vaccino altamente tecnologico e, a causa del suo funzionamento, se un coniglio in passato è stato vaccinato esclusivamente per la mixomatosi potrebbe non essere efficace e non stimolare la produzione anticorpale verso MEV1 e MEV2. Per questo motivo è tanto più importante il ruolo di un veterinario esperto, che può valutare il protocollo vaccinale che il coniglio ha seguito in passato e decidere di conseguenza le tempistiche di somministrazione del nuovo vaccino.

Il nuovo vaccino trivalente ha un’efficacia annuale e va ripetuto ogni anno per tutta la vita del coniglio. Come tutti i vaccini va somministrato esclusivamente a soggetti sani, pertanto è molto importante una visita clinica accurata prima della vaccinazione.

Cosa cambia per il coniglio?

Grazie a questo vaccino il coniglio potrà avere una buona protezione contro mixomatosi, MEV1 e MEV2 con una sola iniezione . Questo diminuisce la complessità di protocolli vaccinali ed evita al proprietario di dover stare dietro a intrecci di vaccini semestrali, annuali, bivalenti, monovalenti. Ridurre questa complessità si traduce nel rendere più semplice e quindi più efficace la cura e la tutela della salute dei nostri amici conigli.

Le visite periodiche e le vaccinazioni per i conigli

Come abbiamo anticipato grazie a questo nuovo vaccino per i nostri conigli la visita vaccinale verrà quindi effettuata una volta all’anno.
Il coniglio però è un animale col metabolismo molto rapido ed essendo in natura una preda tende a mascherare i sintomi patologici fino a che questi non sono già gravi.

Per questo motivo, pur se sottoposto a questo nuovo vaccino, la visita veterinaria semestrale resta un presidio molto importante per tutelare la salute del coniglio. È molto utile, infatti, per controllare in maniera accurata denti, orecchie, addome e anche per non tralasciare il taglio delle unghie e poter avere un confronto e consigli personalizzati su gestione o comportamento.

La laser-terapia in medicina veterinaria

Cos’è il laser?

Il laser non è nient’altro che luce. Il termine “LASER”, infatti, è un acronimo che sta per “Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation” ovvero “amplificazione della luce mediante emissione stimolata di radiazione“.
Questo particolare tipo di raggio di luce ha trovato applicazione nella medicina umana fin dagli anni ‘70 del ‘900. Da allora è entrata nell’uso corrente e al giorno d’oggi viene utilizzata in moltissime branche specialistiche: dalla medicina estetica alla dermatologia, dalla chirurgia oculistica alla medicina riabilitativa, dall’odontoiatria alla scleroterapia. La laser terapia è stata quindi adottata anche dalla medicina veterinaria.

Curare con la luce: l’uso terapeutico del laser

La laser-terapia, o fotobiomodulazione, sfrutta l’energia fotonica penetrante per ottenere un cambiamento nel tessuto animale (o umano) colpito dal raggio luminoso.
La maggior parte dei dispositivi veterinari utilizzati emette luce tramite un processo di amplificazione ottica basata sull’emissione di radiazioni elettromagnetiche; in altre parole, questi macchinari sono sorgenti di radiazioni elettromagnetiche che emettono energia sotto forma di fotoni.
La luce prodotta riesce a penetrare all’interno del corpo dell’animale e a produrre un “cambiamento”.
Questa proprietà del laser trova interessanti risvolti pratici nella professione veterinaria sia in ambito clinico sia chirurgico e il ricorso agli strumenti basati su questa tecnologia si sta diffondendo su larga scala.
Il successo della laser terapia in veterinaria è legato ad alcuni indiscutibili vantaggi:

  •  L’assenza di invasività della pratica: il ricorso al laser, infatti, rende non necessaria sedazione o anestesia
  • L’assenza di dolore legato alla sua applicazione
  • La quasi completa assenza di effetti collaterali (l’unica assoluta controindicazione rimane l’esposizione diretta degli occhi per cui si rende necessario indossare sempre speciali occhiali durante la seduta).

Laser terapia in veterinaria:‌ veniamo alla pratica

Sono molti gli effetti terapeutici dei trattamenti laser impiegati nella medicina veterinaria: l’alleviamento del dolore e dell’infiammazione, l’immunomodulazione e la stimolazione della guarigione delle ferite e della rigenerazione tissutale.

Alleviamento del dolore

La fotobiomodulazione può essere un’importante componente dell’approccio multimodale al dolore grazie alla sua capacità di bloccare diverse risposte biochimiche e fisiologiche lungo la via di conduzione dello stimolo dolorifico.

Il laser può quindi essere utilizzato con buoni risultati nel trattamento del dolore acuto o del dolore cronico (ad esempio dolorabilità del cavo orale, auricolare, addominale, cervicale, articolare…).
Possiamo intervenire anche sul dolore post-operatorio grazie alla capacità di riduzione dello stimolo infiammatorio con l’utilizzo del laser sia in sede intra-operatoria sia post-operatoria .

La guarigione delle ferite

Un’altra interessante applicazione della laser-terapia riguarda la capacità di ripristinare la normale funzione biologica delle cellule stressate o danneggiate.

Gli effetti cellulari della terapia fotobiomodulatrice possono essere classificati in primari, ovvero luce-indotti, e secondari:

  • Effetti primari: una reazione fotochimica diretta avviene quando i fotoni emessi dal laser colpiscono i mitocondri e le membrane cellulari e l’energia fotonica viene assorbita da cromofori endogeni e convertita in energia chimica all’interno delle cellule.
  • Effetti secondari: sono portati dall’amplificazione delle fotoreazioni primarie. Vengono stimolati il metabolismo cellulare e la regolazione della via di conduzione di segnali responsabili della guarigione delle ferite come migrazione cellulare, sintesi di DNA e RNA, mitosi e proliferazione cellulare.

Tutto ciò determina cambiamenti fisiologici a livello cellulare come l’attivazione di fibroblasti, macrofagi e linfociti, rilascio del fattore della crescita e rilascio di neutrasmettitori, vasodilatazione e sintesi del collagene.

In altre parole, il laser ha la capacità di stimolare e accelerare la riproduzione e la crescita cellulare grazie a una riparazione più veloce dei tessuti danneggiati e alla regolazione della risposta infiammatoria.
Grazie al laser durante il processo di guarigione delle ferite assistiamo a:

  • Formazione di un plug contenente piastrine e fibrina;
  • Invasione della ferita da parte di neutrofili, monociti e macrofagi;
  • Proliferazione di cheratinociti e fibroblasti dal bordo della ferita
  • Formazione di tessuto di granulazione
  • Maturazione del tessuto di granulazione e delle fibre di collagene e vascolarizzazione

Terapie dermatologiche (ma non solo)

La laser-terapia trova ottime applicazioni in dermatologia, grazie alle capacità antinfiammatorie e immunomodulatrici, in particolare nel trattamento di:

  • granulomi da leccamento
  • “hot-spot” o piodermiti superficiali
  • ascessi o fistole delle ghiandole perianali
  • pododermatiti

… e non solo. La dermatologia ad oggi è forse il campo in cui la fotobiomodulazione è maggiormente conosciuta ed applicata ma le potenziali applicazioni della laser-terapia sono innumerevoli.
Esistono studi sull’efficacia di questa tecnica per infiammazioni orali come parodontiti o stomatiti feline, disordini muscoloscheletrici e osteoartriti, per le affezioni di alte e basse vie respiratorie (asma felina, collasso tracheale, tracheiti…), per le condizioni neurologiche (dolore neuropatico, neoplasie intracraniche, mielopatia degenerativa…), per le problematiche addominali (prostatiti, gastriti, cistiti, pancreatiti…), addirittura può essere utilizzata con efficacia in seguito a morsi di vipera.

Pododermatite in un coniglio. Si può osservare il miglioramento della condizione podale in 3 sedute distanziate di circa 7 giorni.

Applicazioni del laser terapeutico negli animali non convenzionali

Le esperienze di laser terapia nella clinica veterinaria

In questo ampio panorama di applicazioni la Clinica San Paolo sta attualmente sfruttando l’efficacia del laser per il trattamento di molte patologie, anche quelle che riguardano i cosiddetti “animali non convenzionali“.

Un ambito in cui stiamo ottenendo ottimi risultati è la cura della pododermatiti dei conigli.
La pododermatite è una patologia estremamente diffusa tra i nostri conigli domestici sia a causa della conformazione dei piedi, dove manca il cuscinetto plantare tipico invece di cani e gatti, sia per il tipo di terreno su cui sono costretti a camminare per via della vita in appartamento.
Abbiamo evidenziato importanti miglioramenti della condizione podale già dai primi trattamenti, con importante diminuzione dell’iperemia cutanea, dell’edema e della dolorabilità della parte.

Ferita aperta in una cavia. Si piò osservare l’evoluzione della cicatrizzazione della ferita in 10 giorni (3 sedute di laser-terapia a distanza di 5 giorni).

Un’altra applicazione molto utilizzata sugli animali non convenzionali riguarda l’acceleramento della guarigione delle ferite, in particolare di quelle chirurgiche. Tra gli animali non convenzionali risulta particolarmente complessa la cicatrizzazione di siti chirurgici di cavie, ratti e criceti a causa della difficoltà ad impedire l’auto-asportazione dei punti. Su queste specie abbiamo iniziato ad utilizzare il laser già nell’immediato post-operatorio e abbiamo osservato una notevole diminuzione dei tempi di cicatrizzazione.

Da non dimenticare inoltre il potenziale utilizzo della laser-terapia nelle ferite aperte, al fine di decontaminare e stimolare la cicatrizzazione di ferite/siti chirurgici il cui processo di cicatrizzazione non sta procedendo nel modo desiderato.

Encefalite nei conigli o Encephalitozoon Cuniculi: una patologia complessa e sottostimata

Vi è mai capitato di vedere il vostro coniglietto con la testa ruotata e poi, entro qualche giorno, di osservarlo magari perdere l’equilibrio o girare in tondo?
Con buona probabilità potrebbe trattarsi di un’encefalite causata da un parassita: l’Encephalitozoon cuniculi.
L’Encephalitozoonosi del coniglio è una patologia di cui sappiamo poco con certezza: è ancora in fase di studio nella sua epidemiologia, diffusione nell’ospite e nella sua diagnosi clinica. L’E. Cuniculi è conosciuto per lo più come prima causa di sindrome vestibolare nei conigli (altre cause più rare possono essere le otiti interne o altri problemi cerebrali infiammatori, neoplastici e vascolari), ma non meno di frequente provoca lesioni infiammatorie in altri organi, con conseguenti sintomi clinici.

Cosa provoca l’encefalite dei conigli? L’agente patogeno

L’E. Cunicoli è un microsporidio, cioè un parassita endocellulare obbligato che si diffonde tramite la produzione di spore.
L’infezione o infestazione perciò avviene tramite l’ingestione di materiale contaminato con urine, secreto o feci contenenti le spore, quindi prodotte da animale infetto e in fase secernente le spore.
Non si esclude anche un contagio madre/feto ma per ora ci sono ancora pochi studi al riguardo. Il patogeno si propaga in diversi organi quali polmoni, fegato e reni -in fase acuta- encefalo e cuore -in fase cronica- e cristallino oculare -nel caso di infezione in età giovanile. All’interno delle cellule ne provoca la rottura, e questa a sua volta attiva una risposta infiammatoria.

L’infiammazione cronica sviluppa lesioni granulomatose a livello degli organi colpiti; in primis encefalo, reni e cristallino. Non di rado è possibile osservare quindi delle caratteristiche “macchie” biancastre all’interno dell’occhio.
Il paziente infetto e sintomatico può quindi manifestare meningoencefaliti, mieliti, miocarditiepatiti, nefriti, cataratteuveiti. Purtroppo l’encefalite nei conigli è una patologia subdola e non tutti i pazienti infetti sono sintomatici. L’E. Cuniculi può rimanere latente per anni, per tutta la vita, o presentare dopo tempo lesioni conseguenti ad un’infezione cronica. 

Quando dobbiamo sospettare un’Encephalitozoonosi?

segni clinici per sospettare un’infestazione da E. Cuniculi sono molti e diversi a seconda dell’organo interessato.
I sintomi che si possono riscontrare con maggior frequenza coinvolgono:

  • L’encefalo 
    • testa  ruotata
    • perdita di equilibrio
    • rotolamenti
    • nistagmo
    • più raramente convulsioni o paralisi
  • I reni
    • polidipsia  e poliuria (aumento di sete e urina)
    • inappetenza
    • dimagrimento importante
    • stasi gastroenterica
  • Gli occhi
    • cataratta
    • uveite fococlastica

Anche se ci riferiamo a questa patologia come “encefalite” non dimentichiamo che nei conigli interessa potenzialmente anche altri organi, quindi patologie come miocarditi o epatiti possono a loro volta essere causate da E. Cunicoli.

Come fare la diagnosi?

Una diagnosi certa di encefalite nei conigli è quasi impossibile, e non necessaria ai fini della cura. Alla diagnosi definitiva infatti si giunge solo mediante esame istopatologico, che di solito avviene in contesto autoptico
In vita è possibile solamente avere una diagnosi di probabile Encephalitozoonosi, a cui si giunge quando si abbinano i sintomi ad un esame sieropositivo agli anticorpi della malattia. 
Quando ci troviamo di fronte ad un sospetto clinico di prassi procediamo con un l’esame che ci consente di valutare le IgG e le IgM; un elevato valore di IgM associato a sintomi clinici di Encephalitozoonosi fornisce una diagnosi altamente probabile. Il solo aumento degli anticorpi IgG segnala invece un contatto con il parassita nel passato o un’infezione latente, tale valore non ci aiuta quindi nella diagnosi.

Come si cura l’encefalite dei conigli?

Anche se si tratta di una patologia molto seria, l’encefalite dei conigli può essere curata e con ottimi esiti. I farmaci utilizzati per combattere il parassita sono i benzilimidazoli tra cui il più noto febendazolo (panacur), per alcune settimane. In caso di sintomi neurologici è consigliato associare anche la somministrazione di corticosteroidi per pochi giorni.
Fondamentale è poi andare a contrastare i sintomi: impostare una terapia per la stasi gastroenterica semanifesta, alimentare ed abbeverare forzatamente, utilizzare opportuni sedativi in caso di sintomi neurologici importanti, valutare un’opportuna fluidoterapia in caso di insufficienza renale. In poco tempo con il trattamento si osservano evidenti miglioramenti sintomatici.
farmaci servono per eliminare il parassita o contrastare i sintomi, ma non possono rimuovere le lesioni granulomatose infiammatorie causate dal parassita stesso. Questo è il motivo per cui è importante cercare di arrivare ad una diagnosi che sia il più possibile precoceSe al contrario la diagnosi e la terapia sono tardive i sintomi possono diventare irreversibili: questo avviene soprattutto in caso di testa ruotata o uveiti.

Conoscere è il primo passo per tutelare la salute dei nostri amici conigli

L’encefalite è dunque una patologia molto seria, che rischia di avere ripercussioni irreversibili sulla salute e qualità della vita dei conigli domestici. Per questo vi consigliamo di prestare attenzione ad eventuali sintomi e di ricorrere con fiducia ai medici veterinari. Competenza, esperienza e test diagnostici sono gli strumenti che possono condurre a una corretta diagnosi e a intraprendere una cura in tempo utile.

Tartarughe domestiche e letargo. Come si fa?

Che cos’è il letargo?

Il letargo è conosciuto come il sonno invernale e non è altro che una strategia che gli animali mettono in atto come protezione dal freddo. Le tartarughe hanno un metabolismo che dipende dalla temperatura esterna (animali ectotermi); per questo, a seconda della specie e dell’habitat in cui si trovano, vanno naturalmente incontro a periodi di ibernazione (letargo invernale) o anche di estivazione (protezione dalle alte temperature estive).
In questi periodi tutte le funzioni vitali dell’organismo rallentano, in modo da determinare un minimo consumo energetico e quindi permettere la sopravvivenza dell’animale anche senza alimentazione ed idratazione.

Le tartarughe autoctone (testudo Hermanni e Graeca) vanno fisiologicamente in letargo nei mesi più freddi. Mano mano che le temperature si abbassano gli esemplari di queste specie mangiano sempre meno, fino a cessare totalmente di alimentarsi. Quindi scavano sotto terra fino seppellirsi totalmente. Rimangono in quella posizione da ottobre e marzo (con variazioni di periodo in relazione alla temperatura esterna).
Anche se può sembrare un lungo pisolino, in realtà si tratta di un periodo rischioso per la tartaruga che si trova ad affrontare, impotente, cambiamenti climatici improvvisi, attacchi di predatori quali ratti o corvi e possibili acutizzazione di patologie latenti. Allo stesso tempo è un periodo molto importante, che da riposo all’organismo e prepara ad una nuova stagione di accrescimento e di riproduzione.

Anche se può sembrare un lungo pisolino,
in realtà si tratta di un periodo rischioso per la tartaruga

Le temperature giuste per il letargo

Abbiamo visto che il letargo è un periodo in cui l’equilibrio della tartaruga è molto fragile. La temperatura ideale è compresa tra i 2 e i 10 °C.
Una temperatura più alta, tra 10°C e 18 °C, manterrebbe la tartaruga ancora in grado di muoversi e  consumare energia ma senza avere la forza di alimentarsi ed idratarsi.
Quindi la tartaruga andrebbe incontro ad un deficit energetico che risulterebbe in dimagrimento eccessivo, perdita di tono muscolare e disidratazione. In questa condizione precaria inoltre è più probabile che un sistema immunitario “ addormentato” non riesca a fronteggiare virus e batteri causando la comparsa di patologie soprattutto a carico del sistema respiratorio. Al contrario una temperatura più bassa, inferiore ai 2°C, potrebbe causare lesioni da congelamento.

Come si fa il letargo?

L’ideale per assicurare un buon letargo alle nostre tartarughe domestiche è ricreare la condizione simile a quella che loro vivono in natura, monitorando temperatura e umidità per creare un letargo controllato.

Perché tutto funzioni al meglio bisogna:

  • Per prima cosa limitare il cibo finché, circa 10 giorni prima di mandarla in letargo, smetteremo di alimentarla. In questo periodo è sempre meglio lasciare comunque l’acqua a disposizione.
  • Riempire di terriccio, torba o corteccia una scatola di legno o plexiglass (nella quale avremo praticato adeguati fori per l’aria) ; poi mettere all’interno la tartaruga e coprirla con foglie secche.
  • Chiudere la scatola per ripararla da altri predatori (come i ratti) e riporla in un luogo della casa non riscaldato, per esempio la cantina o il garage. Consigliamo di inserire nella scatola un termometro: ci servirà per monitorare dall’esterno la temperatura, che ricordiamo deve rimanere tra gli 0 ei 10°C.
  • Se la temperatura scende sotto gli zero gradi, o sale sopra i 10, occorre spostare la scatola o, in alcuni casi, svegliare la tartaruga. Il periodo di letargo normalmente va da ottobre a marzo per il Nord Italia e si restringe ai soli mesi più freddi se si vive in regioni più calde.
  • Quando la temperatura esterna inizia ad essere più mite portare la tartaruga in superficie e fare loro qualche bagnetto tiepido.  Potremo così riportarle nel loro terrario o in giardino, lasciare a loro disposizione cibo fresco, acqua e fare un bagnetto tiepido al giorno fino al ripristino di appetito, defecazione ed urinazione.

per questo è fondamentale una visita pre-letargo in cui
il veterinario si accerterà dello stato di salute delle nostre amiche.

Quando letargo fa rima con veterinario

Quando le tartarughe domestiche vanno in letargo rallenta il loro metabolismo , e di conseguenza anche il funzionamento del sistema immunitario; in queste circostanze qualsiasi batterio, virus, parassita può crescere, proliferare e causare patologie anche gravi.
Proprio per questo è fondamentale una visita pre-letargo in cui il veterinario si accerterà dello stato di salute delle nostre amiche.

Sarebbe opportuno effettuare la visita nel mese di settembre cosi da portare un campione di feci per l’esame della carica parassitaria. In caso di necessità di
un trattamento antiparassitario sarà così possibile completarlo prima del letargo. Se la tartaruga non è in stato di salute ideale sarà opportuno evitare il letargo.
Una visita post letargo è indispensabile in tutti quei casi in cui l’animale fatica a riprendere tutte le funzioni organiche o in caso in cui si manifestino sintomi patologici; tra i più comuni i rumori respiratori, starnuti, muco dalle narici o lesioni su cute e/o carapace.
La tartaruga deve perdere durante il letargo al massimo il 10% del peso corporeo.

Tutto quello che avresti sempre voluto sapere sul letargo

E’ possibile far passare alle tartarughe il letargo in giardino?

Si, è il metodo più naturale. In questo caso la tartaruga si interrerà spontaneamente quando inizieranno le giornate fredde. Purtroppo con questo letargo non si può avere alcuna prevenzione sui cambiamenti climatici improvvisi e sui predatori (topi, talpe, corvi), ed è per questo che si consiglia invece un letargo controllato.

La tartaruga può saltare il letargo?

No, salvo per soggetti malati. Il letargo è una condizione fisiologica della vita della tartaruga che permette all’organismo il riposo per affrontare una nuova stagione di accrescimento e riproduzione. In caso non venga effettuato un solo letargo non succede nulla, a patto che la tartaruga venga tenuta nelle corrette condizioni di temperatura e habitat (lampada UVB, riscaldante).
Tuttavia se vengono saltati tutti i letarghi la tartaruga può andare incontro ad iperaccrescimento osseo e non sono escluse disfunzioni metaboliche.

La tartaruga sta iniziando il letargo ma continua a muoversi nella scatola. E’ normale?

Sì, probabilmente non sono ancora state raggiunte le temperature idonee al letargo. Negli ultimi anni a settembre fa ancora molto caldo e quindi le tartarughe ritardano il letargo; purtroppo non si può cambiare il clima e quindi non resta che assecondare il volere delle tartarughe e aspettare temperature più basse

Posso far fare il letargo in casa togliendo la tartaruga dal terrario riscaldato?

No, purtroppo si tratta di un errore molto comune. Se la tartaruga viene tolta dal suo terrario riscaldato rimarrà ad una temperatura di 18-20 °C e in uno stato di semi-letargo, in cui consumerà energie e grassi senza però assumerne di nuovi. Questo può determinare situazioni patologiche anche molto gravi.

La tartaruga si muove poco e non mangia da parecchi giorni, è in letargo?

No, se la temperatura non è tra i 2 e i 10°C la tartaruga non è in letargo. Si consiglia una visita immediata da un veterinario esperto per valutare le possibili cause di anoressia e letargia della tartaruga.

Il coniglio domestico e i suoi dentoni

Quando decidiamo di accogliere un animale da compagnia di solito ci impegniamo anzitutto nel preparare un ambiente ideale all’interno della sua nuova casa e ci preoccupiamo di svolgere un check up completo delle sue condizioni di salute.
Di rado pensiamo che è altrettanto importante occuparci di alcune “incombenze” burocratiche per tutelare al meglio il benessere di questo nuovo componente della nostra famiglia. In alcuni casi, come il microchip dei cani, queste pratiche sono addirittura un obbligo.
​Per questo è importante conoscere quali sono le principali pratiche da espletare nei vari momenti che accompagneranno la convivenza con il nostro pet, a chi rivolgersi e perché sono tanto importanti.

Quando un sorriso irresistibile può dare qualche problema – e come risolverli

“Denti da coniglio” – “fai il coniglietto!”: fin da quando siamo piccoli associamo il coniglio a quella sua tenera e simpatica caratteristica dei dentoni sporgenti. Un elemento tanto grazioso e speciale quanto importante nella vita e nella salute di questi animali. Vale la pena saperne di più

Quanti denti ha il coniglio domestico?

Facciamo un po’ di calcoli: i conigli hanno

  • 6 denti davanti incisivi (4 superiori e due inferiori)
  • 22 denti dietro (molariformi)

… ma la cosa importante è che tutti e 28 sono a crescita continua.
Questo significa che se non vengono consumati i denti del coniglio domestico crescono ad una velocità di circa 2 mm alla settimana (in pratica quasi un centimetro ogni mese).

Se i denti si consumano con l’uso tutto è a posto. Ma se questo non accade possono verificarsi disfunzioni alimentari e danni buccali, anche gravi.
Per essere sicuri che si mantengano la giusta forma e dimensione servono la giusta alimentazione e controlli frequenti con

Il veterinario dentista: il miglior amico del coniglio domestico

Ma cosa intendiamo per “controlli frequenti”?
Ti suggeriamo di sottoporre i tuoi amici conigli a una valutazione dei denti almeno ogni 6 mesi, fin da piccolissimi.

Purtroppo infatti problemi di malocclusione possono presentarsi fin dalla nascita: se i denti del coniglietto non combaciano bene con la controparte, infatti,  non possono consumarsi nel modo corretto.
Questo si verifica sempre più spesso, in seguito alla selezione delle razze lagomorfe da parte degli allevatori.
Si tratta di una condizione con cui il cucciolo dovrà convivere tutta la vita. A differenza delle persone, infatti, non si possono usare apparecchi per l’allineamento dentale, proprio perché i denti crescono in continuo.

Una buona dieta: l’arma vincente per la salute, anche dei denti

Il tuo coniglio domestico è sano e i denti sono ben allineati?
Bene! Se il coniglietto ha una buona dentizione ti dovrai occupare di garantirgli una buona dieta per mantenere in buona salute i suoi dentoni.  

Consideriamo una dieta “buona” tanto più somiglia a ciò di cui si nutrono i suoi cugini selvatici nel loro ambiente naturale: erba fresca.
Tutte quelle volte in cui non è possibile permettere al coniglio di brucare erba fresca in un giardino o di raccoglierne per offrirgliela giornalmente si può ricorrere ad un sostitutivo: il fieno.
Il fieno di prato misto è un l’alimento che ha le stesse caratteristiche nutritive e costitutive dell’erba. Per questo deve rappresentare l’80 % del pasto del coniglio domestico.
Il fieno, così come l’erba fresca, forniscono

  • la giusta quantità di fibra
  • il corretto consumo dei denti, perché richiede una masticazione prolungata con movimento rotatorio dei molariformi.

Il fieno deve essere quindi sempre a disposizione del coniglio

Possiamo completare i pasti dei nostri amici con una buona porzione di verdure fresche pulite e asciutte. Anche in questo caso scegliamo quelle più ricche di fibra e che richiedono maggiore masticazione: radicchio, insalata di diversi tipi, carote, coste, cicoria, indivia, finocchio, sedano.
Il mangime secco pellettato è invece soltanto un’ integrazione. Lo possiamo somministrare se si vogliamo o dobbiamo ( per esempio in particolari condizioni di crescita/patologiche) in quantità pari ad un cucchiaio al giorno.

E la frutta? Un piccolo vizio … regaliamola al nostro coniglietto solo come premio, sempre in piccole quantità.
Il segreto per la salute del coniglio domestico, quindi, è molto semplice: può vivere molto bene ed evitare problemi di dentizione mangiando solo fieno ed erba fresca di buona qualità, come le cugine lepri.

I danni di una cattiva alimentazione: come notarli e risolverli

I danni causati da un’alimentazione non corretta possono essere tanti e piuttosto gravi. Se non si somministra il giusto cibo i denti non si consumano; man mano che continuano a crescere provocano vere e proprie ulcere, tagli sulla lingua e sulla guancia. Oppure iniziano a crescere storti, si rompono, spingono su strutture ossee delicate come mandibola e arcata zigomatica fino a deformarle. Possono persino arrivare a infettarsi a livello radicale e causare ascessi molto dolorosi.

Come facciamo a capire che qualcosa non va? Prestiamo attenzione ai possibili sintomi:

  • la mancata assunzione o la selezione di cibo più morbido
  • eccessiva salivazione
  • crescita abnorme degli incisivi
  • presenza di gonfiori sul muso (riferibili
    ad ascessi)
  • lacrimazione oculare
  • inappetenza
  • mancata
    defecazione

In questi casi deve intervenire il dentista veterinario. Procederà con una visita dentistica condotta con l’otoscopio e si avvarrà di diverse radiografie del cranio per esaminare le radici dentali. In questo modo potrà valutare le opzioni terapeutiche in base alla gravità del caso, all’età e alle condizioni generali dell’animale.
Può essere necessario ricorrere ad un intervento: un pareggiamento dentale in anestesia generale risolve il problema, almeno per un po’. Ma se il coniglio segue un’alimentazione corretta a partire dall’intervento, i suoi benefici possono diventare permanenti.

Capita anche di dover ricorrere a chirurgie più invasive, come le estrazioni dentali, che comportano un post operatorio piuttosto scomodo e terapie antibiotiche per periodi molto lunghi.
Questi sono i motivi per cui non dobbiamo mai sottovalutare l’importanza
dell’alimentazione di questi piccoli animali
. Bastano infatti piccole attenzioni per evitare che il coniglio domestico debba affrontare condizioni di criticità e di difficile gestione per la possibilità di interventi periodici rischiosi ed onerosi.
E se i conigli dei nonni mangiavano e vivevano con semi e pane secco è solo perché ad un anno venivano macellati e non erano conigli da compagnia con una prospettiva di vita di 10 anni!