Attenzione al cioccolato! per i cani è un alimento molto pericoloso

Cosa si intende per triadite del gatto?

La triadite del gatto è una sindrome molto comune tra i nostri felini domestici ed è caratterizzata dalla concomitante infiammazione di fegato (e/o vie biliari), pancreas e/o intestino.

Dal momento che la sindrome interessa più organi bisogna ricordare che non sempre tutti e tre gli elementi sono coinvolti in egual misura: alcuni soggetti potranno sviluppare un’infiammazione più marcata a livello di fegato ed intestino, altri di pancreas ed intestino.
Solo di rado, invece, abbiamo pancreatite ed epatite insieme, in assenza di un coinvolgimento intestinale.
Di solito la triadite insorge in soggetti adulti – anziani, con un’età compresa tra i 6 e i 9 anni. Invece razza e sesso del gatto sembrano non avere alcun legame con la probabilità che la sindrome si manifesti.

Come si sviluppa la triadite? e perché colpisce soprattutto i gatti?

La triadite colpisce soprattutto il gatto perché, a differenza di quanto avviene ad esempio nei cani, il dotto pancreatico ed il dotto biliare principale (coledoco) nei felini si fondono insieme in un unico canale prima di sbocciare nel duodeno a livello della papilla duodenale.
Questo significa che nel gatto fegato pancreas e intestino hanno stretti rapporti anatomici, che sono all’origine delle altrettanto strette connessioni fisio-patologiche che interessano i tre organi.

Il meccanismo patogenetico della triadite non è univoco. Questo significa che non siamo sicuri di come abbia origine questa sindrome.
Alcuni autori hanno riportato casi di “disfunzione dello sfintere di Oddi” (lo sfintere a livello di papilla duodenale preposto allo svuotamento del contenuto di succhi pancreatici e bile contenuti del dotto): una patologia piuttosto frequente nell’uomo, ma meno comune nei nostri felini.

Molti autori suggeriscono invece che alla base di tutto vi sia un’alterazione della flora microbica intestinale, con conseguente sovracrescita di batteri potenzialmente patogeni e loro successiva ascesa verso pancreas e fegato attraverso la papilla duodenale, in corrispondenza dello sbocco comune.
Questo meccanismo di origine della patologia su base infettiva è possibile, oltre che per via ascendente (risalita dei batteri lungo il tratto gastroenterico), attraverso una traslocazione di batteri attraverso la parete intestinale, facilitata da una sensibilizzazione/suscettibilità della stessa quando colpita da un processo infiammatorio cronico, come avviene in corso di IBD.

La maggior parte degli autori, in ogni caso, è d’accordo nel considerare come causa scatenante principale della triadite una risposta autoimmune che si sviluppa in corso di infiammazione cronica intestinale (IBD), spesso di natura allergica/alimentare, in alcuni casi anche secondaria ad un processo infettivo. Questa infiammazione si estende poi anche a fegato e pancreas, data la stretta correlazione tra i tre distretti.

Qualunque sia la causa catenante, è importante ricordare che uno dei sintomi cardine della triadite, il vomito, è spesso responsabile dell’esacerbazione del processo. L’ aumento della pressione intraduodenale durante i conati, infatti, favorisce il reflusso del contenuto intestinale nel pancreas e nelle vie biliari e instaura un meccanismo a catena.

Quali sono i sintomi più comuni della triadite del gatto? Come riconoscerli?

sintomi più comuni legati alla triadite consistono in una riduzione più o meno marcata dell’ appetito (disoressia/anoressia) con conseguente perdita di peso, senso di nauseavomitoletargiaapatiadisidratazionemantello arruffato (per ridotta attività di self-grooming), diarrea o stipsi, mucose tendenti al giallo (= itteriche), dolore addominale.

Non sempre, nello stesso soggetto, osserviamo tutti questi sintomi contemporaneamente: la combinazione di essi dipende infatti dagli organi coinvolti dalla patologia e dalla gravità di tale coinvolgimento.

Come si emette diagnosi di triadite?

Il primo passo da svolgere in caso di comparsa di uno o più sintomi tra quelli sopra elencati è l’esecuzione di esami del sangue completiesame emocromocitometrico e biochimico completo. Queste indagini consentono spesso di rilevare alcuni parametri al di fuori dei range di riferimento. Per una diagnosi più accurata si ricorre alla diagnostica per immagini: radiografia ed ecografia addominale.

Le alterazioni ematobiochimiche  che più di frequente vengono riscontrate in corso di triadite sono:

  • neutrofilia e/o leucocitosi 
  • anemia non rigenerativa
  • aumento degli enzimi epatici (ALT, AST,ALP, iperbilirubinemia)
  • azotemia
  • ipoalbuminemia
  • alterazione vitamina B12
  • alterazione folati
  • ipocolesterolemia
  • ipoproteinemia
  • iperglicemia (transitoria da stress o legata a diabete mellito concomitante)

Altrettanto frequente è riscontrare disturbi elettrolitici, in particolare ipokaliemia, ipocloremia, iponatriemia. 

Alti livelli di amilasi e lipasi nel gatto, per quanto frequenti in casi di triadite, non sono parametri altamente specifici e diagnostici. Al contrario la Lipasi pancreatica specifica felina (fPLI), se aumentata, è altamente suggestiva di pancreatite.

Un altro possibile indicatore di pancreatite in corso è l’ipocalcemia. Gli studi recenti rilevano che un marcato aumento della lipasi pancreatica specifica felina, associata ad una riduzione altrettanto marcata della calcemia, è un indice prognostico negativo per l’evoluzione della patologia.

Ricordiamo sempre che possono essere presenti, nello stesso individuo, più alterazioni patologiche contemporaneamente, e che queste possono essere più o meno gravi a seconda del grado di gravità di IBD, epatopatia e/o pancreatite concomitanti.

In caso di triadite la radiografia non è quasi mai decisiva per la diagnosi, anche se può fornire alcuni indizi utili.
L’ecografia addominale è invece la tecnica di diagnostica per immagini più utile ed utilizzata. L’ecografia permette di identificare:

  • inspessimenti patologici della parete intestinale o alterazioni della sua stratigrafia in corso di IBD
  • alterazioni della motilità intestinale
  • variazioni dell’ecogenicità di pancreas e fegato
  • presenza di versamento addominale
  • dilatazione del dotto biliare
  • colelitiasi
  • fango biliare
  • aumento di volume e/o arrotondamento dei margini degli organi in questione

Quando la componente infiammatoria intestinale appare preponderante sono indicate altre indagini specialistiche:

  • l’endoscopia intestinale
  • la ricerca di batteri e parassiti specifici dell’apparato gastroenterico (da siero o da feci) attraverso tecniche biomolecolari garantite da laboratori esterni.


La diagnosi definitiva di triadite nel gatto è possibile solo attraverso un’esame istopatologico di pancreas, fegato ed intestino. Questo esame è più invasivo rispetto alle tecniche di cui abbiamo parlato. Per questo viene preso in considerazione raramente e solo nei pazienti clinicamente stabili.
Molte altre patologie del gatto (Peritonite Infettiva Felina, Linfoma intestinale del gatto, Lipidosi epatica o altre Epatopatie e Malattie infettive gastrointestinali) possono determinare segni clinici sovrapponibili a quelli riscontrati in corso di tradite. Quindi occorre sempre considerare tutte queste possibilità tra le diagnosi differenziali, soprattutto nei casi in cui il soggetto risponda poco o per nulla alle terapie mirate alla risoluzione di una sospetta triadite.

Come si gestisce e tratta la triadite del gatto

Il trattamento della triadite richiede, nella maggior parte dei casi, il ricovero del paziente.
Solo in questo modo, infatti, è possibile monitorare il soggetto in maniera costante, somministrare la terapia in maniera adeguata, garantire ad un paziente con poco o nullo appetito un apporto nutrizionale giornaliero sufficiente, valutare l’evoluzione della patologia giorno per giorno.

Nell’animale ospedalizzato è possibile somministrare la terapia farmacologica per via iniettabile, ottimizzando l’assorbimento e quindi l’efficacia dei farmaci impiegati.

La terapia è mirata:

  1. alla gestione di nausea e vomito, attraverso la somministrazione di farmaci antiemetici (maropitant, metoclopramide,..) e gastroprotettori (omeprazolo, sucralfato,..)
  2. alla stimolazione del senso di appetito grazie all’utilizzo di farmaci contro l’anoressia/disoressia ( mirtazapina, ciproeptadina,..)
  3. alla gestione del dolore e dell’infiammazione (FANS, oppioidi,cortisonici..)
  4. all’ utilizzo di antibiotici ad ampio spettro spesso associati ad antibiotici attivi su batteri anaerobi (fluorochinoloni, cefalosporine, metronidazolo, tilosina,..)
  5. all’integrazione di vitamine E, C, B12, taurina, arginina, etc.
  6. all’utilizzo di integratori con funzione epato-protettrice (silimarina, glutatione, S- adenosilmetionina, acido ursodesossicolico)
  7. all’utilizzo di fermenti lattici per ridurre il dismicrobismo intestinale indotto dallo stato patologico e dall’utilizzo di antibiotici e contrastare la diarrea conseguente ad un deficit dell’assorbimento intestinale (prebiotici, probiotici, fermenti lattici ad azione compattante,..)
  8. alla reidratazione del paziente, ripristino degli squilibri elettrolitici e all’allontantanamento dei metaboliti tossici accumulatisi nel letto vascolare conseguenti a processi ossidativi tipici degli stati patologici attraverso la fluidoterapia endovenosa.

Che ruolo ha l’alimentazione nella gestione della sindrome?

Un aspetto da non sottovalutare mai è l’alimentazione: un gatto con triadite difficilmente si alimenta spontaneamente, soprattutto nella fase acuta della malattia, e non è infrequente che l’animale vada incontro ad una carenza energetica e di proteine, condizione che può comportare numerose complicazioni come la riduzione della sintesi e della riparazione tissutale, un alterato metabolismo dei farmaci, una diminuzione dell’efficienza del sistema immunitario e la sarcopenia.

Inoltre i gatti non dovrebbero mai rimanere a digiuno per più di tre giorni: il rischio in questo caso è l’insorgenza di una degenerazione del fegato molto difficile da trattare, la cosiddetta lipidosi epatica. Nei casi di anoressia persistente bisognerebbe intraprendere un’alimentazione enterale attraverso l’utilizzo di sondini rino-esofagei o rino-gastrici, attraverso cui somministrare una dieta bilanciata, piccoli pasti frequenti con consistenza liquida ad elevata densità calorica per ridurre la quantità di cibo da somministrare.

Nei casi di disoressia, in cui l’appetito è conservato ma capriccioso, si possono invece selezionare proteine di alto valore biologico ed elevata digeribilità. A differenza di quello che si potrebbe presumere i gatti affetti da pancreatite sono in grado di tollerare diete con un tenore medio-alto di grassi; anzi, i grassi rendono più appetibile l’alimento. Quindi non devono essere eliminati del tutto se non quando sia presente grave diarrea.

Nel caso in cui il problema sia prevalentemente costituito da IBD è bene utilizzare una fonte proteica o un alimento che contenga proteine idrolizzate. In ultima analisi, si ricorda che la fibra solubile può essere utile per la sua capacità di ridurre al minimo l’assorbimento intestinale di ammoniaca.

Prognosi e conclusioni

Se individuata in tempo, ed affrontata con il giusto approccio medico farmacologico, la prognosi della triadite è favorevole. Dobbiamo però ricordare che esistono anche situazioni particolari, spesso legate a gravi compromissione dello stato clinico del paziente, in cui essa può diventare da riservata ad infausta.

Quando i nostri gatti iniziano a presentare uno o più sintomi tra quelli che abbiamo descritto è perciò sempre consigliata una visita veterinaria tempestiva. Questo ci permette di individuare il problema in tempo utile e aumentare la possibilità di guarigione rapida e completa.

Nella maggior parte dei casi, con il giusto supporto medico e un’ospedalizzazione di durata variabile in relazione alla gravità della patologia, i nostri pazienti ritornano più in forze di prima.

Quando serve il ricovero veterinario: come funziona il reparto degenza di una clinica

Quando serve il ricovero veterinario: come funziona il reparto degenza di una clinica

La parola allo specialista

Dott.ssa Sara D'Agostino

Animali non convenzionali

Il reparto di degenza è strutturato per poter accogliere e ricoverare pazienti con necessità specifiche di cura.
Il ricovero veterinario per i nostri amici a quattro zampe è infatti consigliato quando le loro condizioni cliniche non sono stabili e, nei casi più gravi, ne compromettono la sopravvivenza.

Può anche essere utile per gestire situazioni meno gravi: ad esempio per pazienti che attendono un intervento chirurgico, nel post-operatorio o per la somministrazione di terapie che non si possono eseguire a casa.
In clinica abbiamo anche la possibilità di effettuare dei ricoveri in Day Hospital per eseguire vari esami diagnostici. Durante questa esperienza si cerca sempre di soddisfare le necessità di ogni specie, dalla più piccola alla più grande: cani, gatti, conigli e altri piccoli mammiferi.. ma anche rettili ed uccelli.

Quando serve e come funziona il ricovero veterinario

Durante il periodo di degenza l’animale viene ricoverato in un box attrezzato a poterlo ospitare. La regola più importante per una buona degenza è quella di creare uno spazio tranquillo, sereno, luminoso e confortevole. Questo contribuisce per quanto possibile a ridurre lo stress a cui i nostri pazienti sono già sottoposti a causa della patologia in atto e gli consente, per quanto possibile, rilassarsi. Tutelare il loro benessere serve anche a favorire una più rapida guarigione.

Al momento del ricovero in reparto viene compilata una scheda identificativa con tutti i dati del paziente; la scheda del ricovero veterinario viene aggiornata ogni giorno con le terapie e le procedure diagnostiche necessarie (esami del sangue, radiografie, ecografie ecc..) stabilite di volta in volta dal medico responsabile.
Ciascun animale viene rivalutato e monitorato dal personale veterinario e dalle infermiere in modo costante attraverso la visita completa e il monitoraggio dei parametri clinici più volte al giorno, in base alle condizioni. Questa procedura ci permette di valutare l’evolversi della patologia e agire in modo tempestivo.

Il personale è presente nel reparto degenza 24 ore su 24, anche di notte e garantisce costantemente cure adeguate ai pazienti.

Specie diverse, esigenze diverse

Ogni tipologia di paziente ha esigenze ambientali diverse, quindi è importante per il loro benessere psicofisico organizzare i box in modo corretto e gestire al meglio gli spazi al loro interno.

I box hanno dimensioni differenti a seconda della tipologia di paziente che ospitano (cane, gatto o animale esotico), sono tutti dotati di chiusure antifuga e sono in acciaio inox per semplificare l’igienizzazione e la disinfezione giornaliera. In più, per ulteriore comfort dei pazienti, dotiamo i box di coperte che vengono cambiate, lavate ed igienizzate ogni giorno, ciotole per cibo e acqua, lettiere ecc.

Ma per quanto si possa creare un ambiente confortevole il ricovero può essere fonte di stress. Questo è vero soprattutto per i gatti, che soffrono maggiormente l’essere lontani dal loro ambiente domestico e dal nucleo familiare, e per gli animali esotici che già normalmente richiedono un ambiente particolare, idoneo alla specie.

Ai cani sono dedicati i box più ampi e, se le condizioni cliniche lo permettono, vengono portati in passeggiata più volte al giorno sia dal personale della clinica che dai proprietari stessi durante la visita, per permettere di espletare i loro bisogni fisiologici e per stare un po’ all’aria aperta.

I gatti sono sistemati in box più piccoli, dotati di lettiere e ciotole, con a disposizione delle coperte extra che utilizzano per nascondersi, in modo da farli sentire maggiormente tranquilli e protetti.

Infine gli animali più piccoli come ad esempio criceti, ratti, cavie o conigli vengono sistemati in piccole gabbie con vari arricchimenti ambientali per rendere il ricovero meno stressante.

Quando invece i pazienti sono impossibilitati nei movimenti, non possono essere portati in passeggiata o non sono in grado di utilizzare la lettiera ricorriamo all’utilizzo di griglie e traversine assorbenti, che permettonio di mantenere un costante stato igienico. Inoltre i pazienti vengono spazzolati e puliti ogni giorno, anche per poter instaurare un rapporto di fiducia con gli stessi ed abbassare i livelli di stress.

Le cure durante il ricovero veterinario

Gli animali che si trovano in ricovero veterinario sono ovviamente messi in condizione di effettuare fluidoterapia e farmacoterapia personalizzata in base alle loro esigenze mediche. In reparto abbiamo a disposizione tutti gli strumenti essenziali: pompe a infusione per la fluidoterapia, farmaci, strumenti per rilevare i parametri vitali (pressione sanguigna, temperatura, glicemia ecc) ed apparecchi per l’ossigenoterapia.

Ma soprattutto nel reparto degenza è sempre presente il personale medico veterinario e paramedico, che è in grado di fornire una risposta immediata e di qualità ai pazienti, sopratutto in caso di gravi patologie.

Quando e come avviene il primo contatto?

Il personale medico cerca sempre di empatizzare con il paziente: costruire una relazione è importante per rendere la loro permanenza meno stressante possibile e stabilire un rapporto di fiducia che facilita manipolazioni e terapie. Questo vuol dire rispettare la loro ampia diversità, che è ciò che ci affascina, attrae e conquista.

Il primo contatto con il paziente avviene già in sala visita da parte sia del medico che del tecnico veterinario; in questo frangente gli animali possono infatti provare e manifestare diverse emozioni e sensazioni. Tra queste l’impossibilità di fuggire da un ambiente sconosciuto che può sfociare in aggressività.

In ogni caso un approccio graduale è la scelta migliore da fare tutte le volte in cui sia possibile. I nostri amici a quattro zampe hanno infatti uno specifico galateo di approccio che utilizzano anche con noi. I comportamenti ed i segnali che ci mostrano, ci aiutano ad interpretare il loro stato d’animo … imparare a percepirli e comprenderli è ciò che permette al personale medico di evitare scontri ed approcci aggressivi e rendere il periodo di ricovero veterinario un’esperienza positiva.

Tuttavia non ci si deve stupire o preoccupare se talvolta questo approccio non è possbile. Le situazioni di emergenza esigono di intervenire velocemente e con prontezza: salvaguardare la loro vita e stabilizzare le condizioni cliniche diventa prioritario.

Cosa può fare il proprietario quando il proprio animale è ricoverato?

Durante un ricovero veterinario è possibile fare visita al proprio animale nel reparto di degenza in orari definiti e concordati con il personale del reparto stesso. È possibile anche avere notizie telefoniche sullo stato di salute generale, sugli esiti degli esami e sulla progressione della patologia. Il personale medico è a disposizione per ogni aggiornamento, confronto e consulto.

Le visite sono garantite sopratutto in caso di pazienti con situazioni di salute gravi o critiche e i proprietari possono lasciare coperte ed oggetti personali per rendere il box in cui vengono ospitati il più accogliente possibile.

Se durante la visita sentite suonare qualche strumento, non allarmatevi!… sono studiati per poter seguire delle procedure farmacologiche personalizzate ed essere rivalutate e riviste dal personale in ogni momento.

E se li trovate a proprio agio? Non sarebbe la prima volta! Spesso i proprietari si stupiscono di quanto i propri animali siano traquilli in box e accettino le manipolazioni mediche … ma anche questo è parte del nostro mestiere, che svolgiamo con passione e competenza. Se ne accorgono anche in pazienti!

Per tutti questi motivi vi invitiamo ad affrontare sempre con la maggior serenità possibile la prospettiva di un ricovero veterinario, e di rivolgervi sempre con fiducia al vostro medico di riferimento.

Se il gatto cade dal balcone?

Consigli e informazioni per non ricorrere alle successive 6 vite

La loro capacità di trascorrere gran parte del tempo dormendo e la naturale indipendenza fa dei gatti amici che a volte sembrano richiedere meno attenzioni; ma la loro attività da svegli li espone comunque a dei rischi.
E i gatti non sono tutti uguali. Alcuni, per esempio, amano sostare in luoghi alti, dai quali possono avere un’ottima visuale del loro ambiente; quando si trovano in alto riescono a visualizzare uno spazio molto più ampio ed ai gatti piace molto tenere d’occhio le cose!

Questo comportamento, per quanto tipico e perfettamente normale nei gatti, diventa un vero incubo per il proprietario che vive in appartamento a un piano alto e lo trova sul cordolo del balcone a fare una pennichella, o a caccia di mosche o anche solo ad osservare.
Se avete mai visto un gatto camminare sul cornicione del balcone, sapete di cosa parlo: sprezzante del pericolo, sembra che non ci siano metri e metri di caduta sotto le sue zampe. Spericolati, indipendenti, e diciamolo, testardi. Certe volte pare proprio che i gatti si impegnino a fare il contrario di quanto desideriamo. Non vuoi che salga sul tavolo? Tenderà a farlo solo quando ci sei. Cosa succede se non vogliamo che salgano sul cornicione? Indovinate un po’ …

Gatti e cadute

Le cadute dall’alto sono eventi che coinvolgono il gatto con maggior frequenza di quanto si pensi. Negli anni questo fenomeno è stato descritto in molti modi: sindrome del grattacielo, sindrome del gatto volante o paracadutista o più semplicemente fly cat o flying cat.
Gli americani hanno coniato il termine di High Rise Syndrome (Sindrome della caduta dall’alto): argomento tanto rilevante da occupare un paragrafo importante di tutti i testi sacri di patologia del gatto.
Se un gatto che cade da notevoli altezze spesso sopravvive, questo a volte avviene solo a caro prezzo. Per questo abbiamo raccolto informazioni utili a capire perché bisogna fare molta attenzione e come comportarsi in caso di emergenza

Perché un gatto cade dal balcone?

Sono soprattutto i gatti giovani e quelli in tarda età che possono diventare potenziali Flying cat. I cuccioli sono curiosi e non conoscono bene l’ambiente; gli esemplari anziani hanno una propriocezione ridotta, o possono soffrire di problemi alla vista, articolari o neurologici.

Sono a rischio anche i  gatti che hanno vissuto a piani più bassi e vengono trasferiti su piani più alti; possono infatti aver acquisito abitudini che li inducono a saltare sul cornicione (sempre così sicuri di sé) precipitando nel vuoto.
Anche le distrazioni rappresentano un pericolo: il gatto che cade dal balcone potrebbe essere stato attirato da una mosca, un uccellino o un piccione che passa a pochi metri, oppure essere stato tradito dalla presenza di ghiaccio o di acqua sul cornicione.

Cosa può succedere al gatto che cade da una grande altezza?

  • Una caduta dell’alto del gatto può causare lesioni diverse a seconda dell’altezza,
    dell’età del felino, della sua agilità
    La traumatologia di un gatto caduto comprende:

    • EMORRAGIE INTERNE secondarie a rotture di organi interni o grandi vasi
    • SHOCK
    • PALATOSCHISI (fratture del palato)
    • TRAUMI TORACICI (schiacciamento, rottura delle costole, pneumotorace, contusioni polmonari singole o multiple)
    • TRAUMA CRANICO
    • ERNIA DIAFRAMMATICA TRAUMATICA
    • FRATTURE SPINALI, DEL CAPO e DEGLI ARTI (anteriori,Posteriori)
    • ROTTURA DELLA VESCICA o DI ORGANI o PARENCHIMATOSI (AD ESEMPIO LA MILZA O IL FEGATO)
    • ALTRE LESIONI INTERNE (come stiramenti dei muscoli o dei legamenti in generale, tra cui quelli dei legamenti epatici)

    Queste patologie possono essere diagnosticate entro pochi minuti dall’ingresso in un pronto soccorso veterinario, attraverso la visita clinica, i prelievi ematici e la diagnostica per immagini (radiografie, ecografie toraciche ed addominali). Purtroppo però la vera entità delle lesioni a volte non viene osservata fino a 48-72 ore dopo.
    Per questo occorre fare grande attenzione: se un gatto è caduto e non vedete ferite potrebbe comunque aver riportato lesioni interne molto gravi. In un primo momento infatti potrebbe dare l’impressione di stare bene, addirittura camminare (magari per l’effetto dell’adrenalina), ma avere in realtà patologie gravi. 
    Soprattutto gli stillicidi, le contusioni polmonari e/o cardiache possono impiegare tanto tempo per raggiungere il massimo grado di danno.

Da quanti piani deve cadere il gatto per subire danni?

Se un gatto cade, per esempio, dal balcone del secondo-terzo piano, specie se sotto non ci sono ostacoli e il fondo è erboso o terroso, e si tratta di un esemplare giovane e sano, di solito non si fa neppure un graffio.
A partire dal quarto piano, fino al settimo, i traumi sono più gravi e aumenta in modo significativo la mortalità.
Al contrario di quanto potremmo pensare, invece, oltre il settimo piano la mortalità diminuisce, anche se a prezzo di notevoli traumi alle ossa.

Perché un gatto che cade da un’altezza più elevata ha maggiori possibilità di sopravvivere?

Paradossalmente è più pericoloso che il gatto cada dal quinto che dall’ottavo piano.
Il gatto, sostengono i ricercatori americani, quando cade da un’altezza molto elevata entra in una sorta di oscuramento dei sensi che gli permette di distendere completamente il corpo; così atterra distribuendo l’impatto su ogni centimetro del suo corpo.
Per i gatti che cadono dai piani intermedi (dal quarto al settimo) i traumi diventano più gravi e la mortalità tende ad aumentare dal momento che non hanno il tempo di cedere a questo stato di “oscuramento”, si irrigidiscono e aumentano i danni del contatto col suolo.

Ce lo conferma la storia di Wasabi, fortunato gatto di due anni, che nel settembre 2013 a Juneau, in Alaska, ha fatto un volo di ben 11 piani di grattacielo, per circa 40 metri di altezza, cavandosela “solo” con fratture ossee e una prognosi di 6 settimane. Nonostante la preoccupazione della giovane proprietaria accorsa frettolosamente in suo soccorso, dopo essersi accorta che il gatto era precipitato giù, Wasabi è tornato a casa dopo soli due giorni di ricovero e un intervento chirurgico.

Come prevenire le cadute da grandi altezze

Per evitare che il gatto cada dal balcone, o comunque da grandi altezze, possiamo utilizzare degli accorgimenti; magari non ci possono garantire la completa assenza di incidenti, ma aiutano comunque a ridurne drasticamente la frequenza

  1. Applichiamo alle finestre delle zanzariere e ai balconi delle reti da pesca di nylon fino ad almeno 2 metri e mezzo d’altezza, possibilmente dotandoli di tetto in rete. Controlliamoli quindi periodicamente per accertarci che non siano danneggiati o che il gatto non sia riuscito lentamente a fare un buco con le  unghie.
  2. Chiudiamo sempre tutte le finestre prima di uscire: ricordiamoci che molti gatti hanno paura dei rumori forti, soprattutto di quelli improvvisi. Uno spavento può essere una delle cause che spingono il gatto a cadere da una finestra che abbiamo dimenticato aperta .
  3. Non spaventiamo il gatto se lo vediamo sul cornicione o sul bordo del balcone, potremmo peggiorare la situazione. Un gesto improvviso, un urlo, possono far scattare la reazione istintiva di fuga. Meglio attirarlo in una zona sicura con un bocconcino, un gioco o il suo cibo preferito.

Questi sono tutti gesti semplici quanto necessari. Ricordiamoci che custodire i nostri gatti al meglio non è solo un modo di dimostrare loro il nostro affetto, ma un obbligo di legge.

Le nostre responsabilità

A luglio 2018 ha fatto scalpore il caso di un micio precipitato dall’ottavo piano a
Torino. Il gatto è caduto in testa a un uomo gli ha causato un grave trauma cervicale con prognosi di alcuni giorni. Purtroppo il gatto non è sopravvissuto. La polizia ha condannato la proprietaria del gatto a pagare una multa per omesso controllo dell’animale. Inoltre è stata chiamata in giudizio per lesioni aggravate.

L’accusa sostiene che la donna non abbia predisposto idonee misure di sicurezza per evitare che il gatto cadesse. La legge impone al proprietario di un animale domestico l’obbligo di controllarlo poiché ne è diretto responsabile. Ogni danno causato dall’animale è perciò soggetto a cause civili o penali a meno che non si dimostri che il danno si è verificato durante la fuga o lo smarrimento denunciato, o per una circostanza imprevedibile (caso fortuito): dimostrare però che si tratti di “caso fortuito” è molto difficile.

Il gatto è caduto: cosa fare?

Per prima cosa dobbiamo prestare molta attenzione quando ci avviciniamo. I
gatti che provano dolore cercano di difendersi, tentano di mordere o di graffiare. Avvolgiamolo delicatamente ma in modo sicuro in un asciugamano e chiamiamo il più vicino pronto soccorso veterinario, preannunciando il nostro arrivo.

Cerchiamo di manipolarlo il meno possibile. L’ideale è adagiarlo in un trasportino rigido portalo immediatamente dal medico veterinario per gli accertamenti del caso. Ricordiamoci che molte delle conseguenze di una caduta possono essere interne e non visibili ad occhio nudo. Provare a curarli a casa non è mai raccomandabile.