Cosa si intende per triadite del gatto?
La triadite del gatto è una sindrome molto comune tra i nostri felini domestici ed è caratterizzata dalla concomitante infiammazione di fegato (e/o vie biliari), pancreas e/o intestino.
Dal momento che la sindrome interessa più organi bisogna ricordare che non sempre tutti e tre gli elementi sono coinvolti in egual misura: alcuni soggetti potranno sviluppare un’infiammazione più marcata a livello di fegato ed intestino, altri di pancreas ed intestino.
Solo di rado, invece, abbiamo pancreatite ed epatite insieme, in assenza di un coinvolgimento intestinale.
Di solito la triadite insorge in soggetti adulti – anziani, con un’età compresa tra i 6 e i 9 anni. Invece razza e sesso del gatto sembrano non avere alcun legame con la probabilità che la sindrome si manifesti.

Come si sviluppa la triadite? e perché colpisce soprattutto i gatti?
La triadite colpisce soprattutto il gatto perché, a differenza di quanto avviene ad esempio nei cani, il dotto pancreatico ed il dotto biliare principale (coledoco) nei felini si fondono insieme in un unico canale prima di sbocciare nel duodeno a livello della papilla duodenale.
Questo significa che nel gatto fegato pancreas e intestino hanno stretti rapporti anatomici, che sono all’origine delle altrettanto strette connessioni fisio-patologiche che interessano i tre organi.
Il meccanismo patogenetico della triadite non è univoco. Questo significa che non siamo sicuri di come abbia origine questa sindrome.
Alcuni autori hanno riportato casi di “disfunzione dello sfintere di Oddi” (lo sfintere a livello di papilla duodenale preposto allo svuotamento del contenuto di succhi pancreatici e bile contenuti del dotto): una patologia piuttosto frequente nell’uomo, ma meno comune nei nostri felini.
Molti autori suggeriscono invece che alla base di tutto vi sia un’alterazione della flora microbica intestinale, con conseguente sovracrescita di batteri potenzialmente patogeni e loro successiva ascesa verso pancreas e fegato attraverso la papilla duodenale, in corrispondenza dello sbocco comune.
Questo meccanismo di origine della patologia su base infettiva è possibile, oltre che per via ascendente (risalita dei batteri lungo il tratto gastroenterico), attraverso una traslocazione di batteri attraverso la parete intestinale, facilitata da una sensibilizzazione/suscettibilità della stessa quando colpita da un processo infiammatorio cronico, come avviene in corso di IBD.
La maggior parte degli autori, in ogni caso, è d’accordo nel considerare come causa scatenante principale della triadite una risposta autoimmune che si sviluppa in corso di infiammazione cronica intestinale (IBD), spesso di natura allergica/alimentare, in alcuni casi anche secondaria ad un processo infettivo. Questa infiammazione si estende poi anche a fegato e pancreas, data la stretta correlazione tra i tre distretti.
Qualunque sia la causa catenante, è importante ricordare che uno dei sintomi cardine della triadite, il vomito, è spesso responsabile dell’esacerbazione del processo. L’ aumento della pressione intraduodenale durante i conati, infatti, favorisce il reflusso del contenuto intestinale nel pancreas e nelle vie biliari e instaura un meccanismo a catena.

Quali sono i sintomi più comuni della triadite del gatto? Come riconoscerli?
I sintomi più comuni legati alla triadite consistono in una riduzione più o meno marcata dell’ appetito (disoressia/anoressia) con conseguente perdita di peso, senso di nausea, vomito, letargia, apatia, disidratazione, mantello arruffato (per ridotta attività di self-grooming), diarrea o stipsi, mucose tendenti al giallo (= itteriche), dolore addominale.
Non sempre, nello stesso soggetto, osserviamo tutti questi sintomi contemporaneamente: la combinazione di essi dipende infatti dagli organi coinvolti dalla patologia e dalla gravità di tale coinvolgimento.

Come si emette diagnosi di triadite?
Il primo passo da svolgere in caso di comparsa di uno o più sintomi tra quelli sopra elencati è l’esecuzione di esami del sangue completi: esame emocromocitometrico e biochimico completo. Queste indagini consentono spesso di rilevare alcuni parametri al di fuori dei range di riferimento. Per una diagnosi più accurata si ricorre alla diagnostica per immagini: radiografia ed ecografia addominale.
Le alterazioni ematobiochimiche che più di frequente vengono riscontrate in corso di triadite sono:
- neutrofilia e/o leucocitosi
- anemia non rigenerativa
- aumento degli enzimi epatici (ALT, AST,ALP, iperbilirubinemia)
- azotemia
- ipoalbuminemia
- alterazione vitamina B12
- alterazione folati
- ipocolesterolemia
- ipoproteinemia
- iperglicemia (transitoria da stress o legata a diabete mellito concomitante)
Altrettanto frequente è riscontrare disturbi elettrolitici, in particolare ipokaliemia, ipocloremia, iponatriemia.
Alti livelli di amilasi e lipasi nel gatto, per quanto frequenti in casi di triadite, non sono parametri altamente specifici e diagnostici. Al contrario la Lipasi pancreatica specifica felina (fPLI), se aumentata, è altamente suggestiva di pancreatite.
Un altro possibile indicatore di pancreatite in corso è l’ipocalcemia. Gli studi recenti rilevano che un marcato aumento della lipasi pancreatica specifica felina, associata ad una riduzione altrettanto marcata della calcemia, è un indice prognostico negativo per l’evoluzione della patologia.


Ricordiamo sempre che possono essere presenti, nello stesso individuo, più alterazioni patologiche contemporaneamente, e che queste possono essere più o meno gravi a seconda del grado di gravità di IBD, epatopatia e/o pancreatite concomitanti.
In caso di triadite la radiografia non è quasi mai decisiva per la diagnosi, anche se può fornire alcuni indizi utili.
L’ecografia addominale è invece la tecnica di diagnostica per immagini più utile ed utilizzata. L’ecografia permette di identificare:
- inspessimenti patologici della parete intestinale o alterazioni della sua stratigrafia in corso di IBD
- alterazioni della motilità intestinale
- variazioni dell’ecogenicità di pancreas e fegato
- presenza di versamento addominale
- dilatazione del dotto biliare
- colelitiasi
- fango biliare
- aumento di volume e/o arrotondamento dei margini degli organi in questione
Quando la componente infiammatoria intestinale appare preponderante sono indicate altre indagini specialistiche:
- l’endoscopia intestinale
- la ricerca di batteri e parassiti specifici dell’apparato gastroenterico (da siero o da feci) attraverso tecniche biomolecolari garantite da laboratori esterni.
La diagnosi definitiva di triadite nel gatto è possibile solo attraverso un’esame istopatologico di pancreas, fegato ed intestino. Questo esame è più invasivo rispetto alle tecniche di cui abbiamo parlato. Per questo viene preso in considerazione raramente e solo nei pazienti clinicamente stabili.
Molte altre patologie del gatto (Peritonite Infettiva Felina, Linfoma intestinale del gatto, Lipidosi epatica o altre Epatopatie e Malattie infettive gastrointestinali) possono determinare segni clinici sovrapponibili a quelli riscontrati in corso di tradite. Quindi occorre sempre considerare tutte queste possibilità tra le diagnosi differenziali, soprattutto nei casi in cui il soggetto risponda poco o per nulla alle terapie mirate alla risoluzione di una sospetta triadite.


Come si gestisce e tratta la triadite del gatto
Il trattamento della triadite richiede, nella maggior parte dei casi, il ricovero del paziente.
Solo in questo modo, infatti, è possibile monitorare il soggetto in maniera costante, somministrare la terapia in maniera adeguata, garantire ad un paziente con poco o nullo appetito un apporto nutrizionale giornaliero sufficiente, valutare l’evoluzione della patologia giorno per giorno.
Nell’animale ospedalizzato è possibile somministrare la terapia farmacologica per via iniettabile, ottimizzando l’assorbimento e quindi l’efficacia dei farmaci impiegati.
La terapia è mirata:
- alla gestione di nausea e vomito, attraverso la somministrazione di farmaci antiemetici (maropitant, metoclopramide,..) e gastroprotettori (omeprazolo, sucralfato,..)
- alla stimolazione del senso di appetito grazie all’utilizzo di farmaci contro l’anoressia/disoressia ( mirtazapina, ciproeptadina,..)
- alla gestione del dolore e dell’infiammazione (FANS, oppioidi,cortisonici..)
- all’ utilizzo di antibiotici ad ampio spettro spesso associati ad antibiotici attivi su batteri anaerobi (fluorochinoloni, cefalosporine, metronidazolo, tilosina,..)
- all’integrazione di vitamine E, C, B12, taurina, arginina, etc.
- all’utilizzo di integratori con funzione epato-protettrice (silimarina, glutatione, S- adenosilmetionina, acido ursodesossicolico)
- all’utilizzo di fermenti lattici per ridurre il dismicrobismo intestinale indotto dallo stato patologico e dall’utilizzo di antibiotici e contrastare la diarrea conseguente ad un deficit dell’assorbimento intestinale (prebiotici, probiotici, fermenti lattici ad azione compattante,..)
- alla reidratazione del paziente, ripristino degli squilibri elettrolitici e all’allontantanamento dei metaboliti tossici accumulatisi nel letto vascolare conseguenti a processi ossidativi tipici degli stati patologici attraverso la fluidoterapia endovenosa.
Che ruolo ha l’alimentazione nella gestione della sindrome?
Un aspetto da non sottovalutare mai è l’alimentazione: un gatto con triadite difficilmente si alimenta spontaneamente, soprattutto nella fase acuta della malattia, e non è infrequente che l’animale vada incontro ad una carenza energetica e di proteine, condizione che può comportare numerose complicazioni come la riduzione della sintesi e della riparazione tissutale, un alterato metabolismo dei farmaci, una diminuzione dell’efficienza del sistema immunitario e la sarcopenia.
Inoltre i gatti non dovrebbero mai rimanere a digiuno per più di tre giorni: il rischio in questo caso è l’insorgenza di una degenerazione del fegato molto difficile da trattare, la cosiddetta lipidosi epatica. Nei casi di anoressia persistente bisognerebbe intraprendere un’alimentazione enterale attraverso l’utilizzo di sondini rino-esofagei o rino-gastrici, attraverso cui somministrare una dieta bilanciata, piccoli pasti frequenti con consistenza liquida ad elevata densità calorica per ridurre la quantità di cibo da somministrare.
Nei casi di disoressia, in cui l’appetito è conservato ma capriccioso, si possono invece selezionare proteine di alto valore biologico ed elevata digeribilità. A differenza di quello che si potrebbe presumere i gatti affetti da pancreatite sono in grado di tollerare diete con un tenore medio-alto di grassi; anzi, i grassi rendono più appetibile l’alimento. Quindi non devono essere eliminati del tutto se non quando sia presente grave diarrea.
Nel caso in cui il problema sia prevalentemente costituito da IBD è bene utilizzare una fonte proteica o un alimento che contenga proteine idrolizzate. In ultima analisi, si ricorda che la fibra solubile può essere utile per la sua capacità di ridurre al minimo l’assorbimento intestinale di ammoniaca.


Prognosi e conclusioni
Se individuata in tempo, ed affrontata con il giusto approccio medico farmacologico, la prognosi della triadite è favorevole. Dobbiamo però ricordare che esistono anche situazioni particolari, spesso legate a gravi compromissione dello stato clinico del paziente, in cui essa può diventare da riservata ad infausta.
Quando i nostri gatti iniziano a presentare uno o più sintomi tra quelli che abbiamo descritto è perciò sempre consigliata una visita veterinaria tempestiva. Questo ci permette di individuare il problema in tempo utile e aumentare la possibilità di guarigione rapida e completa.
Nella maggior parte dei casi, con il giusto supporto medico e un’ospedalizzazione di durata variabile in relazione alla gravità della patologia, i nostri pazienti ritornano più in forze di prima.